“End of the Rainbow”: ottima prova di Monica Guerritore

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di Angelica Bianco

“Gli uomini che amo hanno la tendenza a non restare, se poi li sposo, prima o poi vanno via.  Essere una star per me è stato facile… vivere è stato difficile”. In queste parole c’è tutta la fragilità, la solitudine e la disperazione di Judy Garland, l’inquieto mito Hollywoodiano, premio Oscar giovanile nel 1940 e diva dal tragico destino. A dare voce e vitalità al personaggio, la brava Monica Guerritore, signora del teatro italiano e protagonista al Sistina, tempio per eccellenza dei musical, fino al 30 ottobre, di “End of the Rainbow”.  Il testo di Peter Quilter, si avvale della regia di Juan Diego Puerta Lopez, regista colombiano di punta nel panorama attuale teatrale e cinematografico. Il musical racconta la parabola artistica e personale dell’artista, durante le sue ultime settimane di vita e svela il suo duplice volto, forte e seducente sul palco e bambina fragilissima e sola, sempre in preda di finte euforie, nella vita privata.  Un’esistenza incatenata, sin da piccola, al proprio talento, che sarà però anche causa del suo lento e inesorabile annientamento. Per sopravvivere e restare in piedi si aggrapperà, sempre più disperatamente, all’alcol e alle anfetamine fino a morirne, a soli 47 anni. Sarà lei stessa a raccontare che era stata la madre ad avviarla a questa dipendenza, quando appena quindicenne,  per girare la parte di Dorothy, nel Mago di Oz, la faceva impasticcare di tutto pur di vederla sempre su di giri. Come ricorda la stessa Guerritore: “ Sciascia aveva ragione quando sosteneva che ci sono talenti che brillano come stelle e divorano il corpo stesso di chi li abita, come se il corpo umano non sopportasse tanta divinità”. La scena si apre in una elegante suite dell’Hotel Ritz Carlton di Londra, Judy, rossetto rosso, capelli corti e neri, tailleur  nero è con il suo amico gay, pianista e compagno di tante avventure, Anthony (Andrea Nicolini) e con il suo nuovo giovane amante, nonché futuro quinto marito Mickey Deans (Alessandro Riceci). La pièce, ha un ritmo veloce è tutto un susseguirsi di sbronze, svenimenti, colloqui strambi e teneri tra i tre personaggi. Non mancano momenti divertenti come quando Judy si inventa assurdi espedienti  per non pagare i conti, perché lei è una diva e deve vivere nell’opulenza anche se è fittizia.  A rendere originale e vincente lo spettacolo è la trovata del regista, che trasforma a vista la stanza d’albergo nel palcoscenico del teatro in cui il pubblico ogni sera attende la Garland. Un cambio di luci e voilà lo show ha inizio. Vita e scena si intrecciano e sarà proprio lì mentre canta, tra lustrini e paillettes, che  morirà,  quasi volesse offrire al pubblico, come ultimo omaggio, anche la sua anima. Bravi tutti! Dalla band che suona dal vivo sugli arrangiamenti di Marcello Sirignano, agli attori; belli ed eleganti i costumi di Walter Azzini; scene di Carmelo Giammello.

Angelica Bianco

Author: redazione