di Roberto Valentini
Parigi !964- Una Parigi ormai scomparsa, ancora ricca della presenza di artisti come Dalì , Picasso, Braque e dei surrealisti come Alberto Giacometti . Scultore, questo, noto per le sue figure filiformi e per le opere in bronzo, conservate in molti musei europei e in particolar modo al Moma di New York. Opere come “ l’uomo che cammina “ acquistate, a suo tempo, da un magnate americano per centomila dollari. Un artista molto particolare Giacometti , svizzero d’origine italiana nel suo atelier parigino lavorava, con l’insostituibile sigaretta sulle labbra, in continua contraddizione tra l’intuizione creativa e la ricerca esasperata della perfezione. Ed era anche pittore di talento, noto per suoi ritratti con figure fisse e frontali. Con Final Portrait Stanley Tucci , che conosciamo come ottimo attore , in questo suo quinto lungometraggio come regista, raccoglie le suggestioni e i tormenti creativi del grande artista di fama internazionale scomparso proprio alla fine degli Anni Sessanta. Allo scrittore appassionato d’arte americano James Lord Alberto Giacometti chiese di posare per lui per un paio di giorni, che invece si protrassero, per le sue insicurezze e per la sua geniale sregolatezza, per ben tre settimane. Il film è l’affascinante ritratto della storia dell’amicizia tra due uomini profondamente diversi, ma uniti in un atto creativo. Gli spettatori vengono così coinvolti nelle difficoltà di un processo artistico, a tratti esaltante , a tratti esasperante . Grandissima interpretazione da Oscar, di Geoffrey Rush.